La Storia di Valentina Spiga

Avevo 16 anni quando andai dai miei genitori e gli dissi che volevo diventare una parrucchiera.

Sono sempre stata attratta dai mestieri artistici e dalla bellezza femminile e ai miei occhi la figura della parrucchiera incarnava entrambi i mondi.

Fu grazie ai miei genitori che trovai la scuola adatta a me, guidata da colui che a quei tempi veniva considerato un maestro d’arte, quello che per me è sempre rimasto “il  Sig. Luciano”. Entrare nella sua scuola non era semplice, era a numero chiuso e con un costo di iscrizione piuttosto alto.

Quest’ultimo punto fu un grosso problema, a suo tempo un corso di 6 mesi costava la bellezza di 2 milioni di vecchie lire. Parliamo del 1986, e quella cifra non era assolutamente di poco conto.

Ancora oggi ringrazio i miei genitori per avermi aiutata a sostenere tale spesa. In una famiglia con 6 figli arrivare a fine mese era sempre un’impresa e non ho mai dimenticato il grande sacrificio che hanno dovuto sostenere per concedermi quella opportunità professionale.

Ma se il lato economico rappresentava un grosso ostacolo  da superare, la selezione all’ingresso non fu da meno.

La partecipazione era a numero chiuso e solamente 6 ragazze potevano accedere. Il test di ingresso prevedeva una valutazione delle attitudini personali e una prova pratica in cui il maestro potesse verificare la nostra abilità manuale e l’attitudine a quel tipo di lavoro.

Essere stata ammessa in quello che tra l’altro fu l’ultimo corso tenuto da Sig. Luciano mi riempì di felicità. Ancora ricordo quando chiamò a casa per comunicare a mia madre che facevo parte delle 6 prescelte.

Ma questo era solo l’inizio.

Gli esordi impegnativi ma costruttivi

Se confronto i corsi di oggi con quello a cui ho partecipato, mi rendo conto che il nostro è stato più un addestramento da Marines per quanto era duro.

Il Sig. Luciano era un maestro severo, teneva molto all’educazione, anche sul posto di lavoro. Il rispetto dei ruoli e delle mansioni era di fondamentale importanza.  Non voleva solamente insegnare la tecnica del mestiere  ma si sentiva in dovere di dare un insegnamento molto più ampio che potesse prepararci alla vita, sia professionale che personale.

Per me era come un secondo padre. Teneva molto al nostro futuro e per questo voleva che uscissimo dal corso il più preparate possibile ad affrontare tutte quelle insidie che il mondo ci riservava. 

Il lavoro doveva essere svolto alla perfezione.

Per questo ogni volta che non si raggiungeva il risultato atteso bisogna ripetere il lavoro, ancora e ancora finché lui non dava l’assenso.

Era devastante, ma ancora oggi lo ringrazio per questa sua severità.

La scuola era aperta al pubblico e questo ci dava la possibilità durante l’apprendimento di fare pratica direttamente su capelli di vere clienti piuttosto che su ciocche finte. Ricordo che una volta dovevo avvolgere una ciocca nel bigodino su una cliente della scuola per eseguire una permanente. Non si usava, come alcuni fanno ancora oggi, le cartine per avvolgere la ciocca, ma era un’operazione da eseguirsi con le sole dita e questo portava la difficoltà ad un livello altissimo. Il Sig. Luciano conosceva la tecnica corretta per avvolgere prima la punta e poi resto della ciocca e visto con le sue dita sembrava semplice. Ma già dopo qualche tentativo mi ero resa conto che fosse molto più complesso del previsto. La ciocca continuava a scivolare via anche a causa del liquido della permanente che la rendeva viscida. Provavo e riprovavo ma niente. Avevo passato più di un’ora a cercare di preparare quella testa con i bigodini e alla fine Sig. Luciano diede il suo assenso al lavoro. Ero esausta, è stato uno dei momenti più difficili del corso ma sono riuscita a non arrendermi e questa per me è stata una delle prime sfide da superare nel mio lungo percorso.

I prodotti di quel tempo erano molto aggressivi, non certo rispettosi della pelle come quelli che conosciamo e usiamo oggi. Le mani e gli avambracci portavano i segni dei lavori eseguiti e spesso passavo il giorno di riposo a medicare le irritazioni che spesso mi portavo a casa. Una volta terminata la scuola sono entrata subito nel mondo del lavoro ed ho avuto diverse esperienze come dipendente. Per chi come me ha iniziato questa professione in quegli anni il lavoro era spesso mortificante. Non avevamo diritti, solo doveri. Assunzioni non regolari, buste paga ridotte e tante ore di straordinari non retribuite. In più venivamo spesso mortificate sul lavoro da titolari poco attenti al rispetto dei collaboratori. 

E’ stata dura, molto dura, ma anche queste sono esperienze che mi hanno aiutato a crescere e a capire alcune cose molto importanti. In primis che le persone che lavorano con te sono degli esseri umani e come tali vanno rispettati ed accompagnati nel migliore dei modi nel loro percorso professionale. Ma l’altro elemento che ha cambiato fortemente il mio modo di concepire questo lavoro è legato ad un fatto che accadde nella mia ultima esperienza come dipendente. Ed è stato proprio questo che mi ha spinta a decidere di cambiare le cose. A quel tempo lavoravo in quello che veniva ritenuto il salone più rinomato della città. Si lavorava a ciclo continuo con una mole di lavoro molto intensa e con un titolare particolarmente esigente. E sebbene i prodotti che venivano usati fossero di marche rinomate il loro uso continuo aveva iniziato a lesionarmi la pelle di entrambe le mani.

Non era concepito mettersi in malattia e quindi ho continuato a lavorare con la carne delle mani completamente esposta, senza più la protezione della pelle che ormai era stata mangiata.

L’unica cosa che potevo fare era cercare di medicarle una volta uscita dal lavoro con varie creme, ma non c’era abbastanza tempo perché la mattina dopo si ricominciava e il dolore lancinante mi accompagnava durante tutta la giornata. E nonostante ciò dovevo comunque continuare a sorridere e dare il meglio per offrire il massimo dell’esperienza alle nostre clienti.

Iniziai a consultare diversi dermatologi perché il dolore stava diventando ormai insostenibile. E fu in uno di questi incontri che ricevetti la notizia che mi lasciò sotto shock.

Ricordo come fosse ora il medico che mi diceva che la mia dermatite non era curabile e che avrei dovuto smettere di fare la parrucchiera. Sentire quelle parole scatenò una marea di pensieri nella mia testa, tutto quello che avevo sopportato e superato per diventare una parrucchiera era stato tutto inutile e avrei dovuto ricominciare da zero per costruirmi una vita professionale.

Ci volle diverso tempo per riprendermi e per capire cosa fare ma alla fine trovai la mia soluzione. Avevo capito che il problema non erano le mie mani e neanche questo tipo di lavoro. Il problema erano gli agenti chimici presenti nei prodotti, troppo aggressivi per chi ci entra in contatto diretto.

E fu lì che decisi di cambiare le cose.

Dal primo Salone ad ELIXHAIR

Presentai le mie dimissioni e mi presi qualche mese di pausa per far guarire le mani che per fortunatamente tornarono ad essere sane come prima. Decisi allora di aprire la mia attività in cui avrei evitato tassativamente l’uso di prodotti eccessivamente aggressivi.

E questo per due motivi.

  1. Salvaguardare la salute mia e dei miei collaboratori.
  2. Salvaguardare la salute dei capelli delle mie clienti.

In effetti se un agente chimico era nocivo per la mia pelle, con ogni probabilità poteva esserlo anche per i capelli e quindi dovevo cercare di utilizzare solo prodotti altamente rispettosi di cute e capelli.

Nel 2003 aprii il mio primo salone creando una società con una mia cara amica estetista. Ci dividemmo i compiti ed aprimmo quello che fu uno dei primi centri in città ad offrire servizi congiunti di acconciatura ed estetica.

La dermatite non comparve mai più, né a me, né alle mie collaboratrici. Ma se da un lato avevo sconfitto il lato oscuro dei prodotti, dall’altro mi aspettavano nuove sfide. E la più grande di tutte si presentò quando scoprii di essere in attesa di mia figlia.

I primi 4 mesi di gravidanza furono durissimi e dovetti passarli a casa, impossibilitata a presentarmi al lavoro. Avevo due dipendenti al tempo e in qualche modo speravo che sarebbero riuscite a tenere in piedi l’operatività del salone così come lo avevo lasciato. Ma i risultati dopo solo 4 mesi furono disastrosi, perdemmo tantissime clienti ed il fatturato subì un brusco dimezzamento.

Fortunatamente dal 5° mese in poi fui nuovamente in grado di reggermi in piedi e ripresi in mani le redini dell’attività cercando di recuperare quanto perduto. Ma in realtà forse era troppo tardi e mi ci volle tanto tempo per recuperare il danno. Lavorai fino a due giorni prima del parto, sono sicura che molte lavoratrici autonome ne comprendano il motivo. E così diventai mamma ed ero veramente felice, stanca ma felice. Ma al tempo stesso non potevo ignorare di essere anche la titolare di un’attività. Giusto qualche giorno di mamma full time e si ritorna in salone, molto spesso in compagnia di quel piccolo fagottino di pochi mesi che non aveva altro posto in cui stare.

Fu questo un altro elemento di profonda riflessione perché sebbene cercassi di selezionare i prodotti più rispettosi notavo che si generavano comunque dei vapori nell’esecuzione di alcuni lavori. E la mia forte preoccupazione è che questi vapori potessero essere nocivi se inalati da mia figlia, specialmente in questi primi mesi di vita.

Fu allora che feci un ulteriore selezione, non tanto sui prodotti ma su alcuni servizi, eliminando quelli che creavano l’emissione di vapori della cui composizione non ero certa. Uno su tutti la cosiddetta “Stiratura Brasiliana” che al tempo veniva effettuata con prodotti contenti formaldeide, elemento altamente tossico che qualche anno dopo venne dichiarato illegale nel nostro paese.

E così il mio percorso è proseguito fino al 2010 quando ho deciso di intraprendere una nuova strada ed aprire un nuovo salone senza la parte di estetica. E subito dopo sono entrata a far parte di un gruppo nazionale che si occupava di ricerca nel mondo dell’Hair Styling.

Dopo pochissimo tempo ho ricoperto il ruolo di Responsabile Tecnico per la Sardegna e con loro ho avuto modo di vivere esperienze anche internazionali che mi hanno permesso di accrescere le mie competenze. E dal 2010 ad oggi ho sempre continuato la mia ricerca verso prodotti e trattamenti che fossero rispettosi dei capelli delle nostre clienti.

Soprattutto gli ultimi due anni sono stati caratterizzate da una intensa ricerca su nuove tipologie di trattamenti che non solo rispettassero la salute dei capelli ma riuscissero anche a riportare il capello al suo stato di naturale bellezza, rendendolo più morbido e luminoso.

E’ così che nasce ELIXHAIR – Il Rituale di Giovinezza Per i Tuoi Capelli, un nuovo concetto di salone caratterizzato da una serie di trattamenti che ho messo a punto per mantenere i capelli giovani come ogni donna attenta merita.

Trattamenti ricercati e sviluppati da noi per donare alle nostre clienti un aspetto sempre giovane, proprio come se avessero scoperto l’elisir di eterna giovinezza.

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